RILEGGIAMO TURGENEV

RILEGGIAMO TURGENEV

E se l’opera si intitolasse, al plurale, Memorie di Cacciatori?

Rivisitiamo il titolo di un’opera delle scrittore russo Ivan Sergeevic Turgenev con un triplice fine: proporre una lettura un po’ diversa dal solito; evidenziarne l’attualità dello stile di composizione; immaginare di riscriverla al giorno d’oggi lasciando però che fossero i cacciatori a rendere testimonianza di un mondo che, chiacchiere a parte, è sconosciuto ai più e riserva tante sorprese.

L’AUTORE

Turgenev, dopo Gogol, fu lo scrittore che tracciò il percorso letterario che seguirono, ed ampliarono, i giganti della prosa romantica russa, come Tolstoj e Dostoevskij. Questo, in verità, è riferito alle pubblicazioni moderne di rilevanza internazionale poichè racconto, prosa e poesia russi hanno origine molto più lontana nel tempo. Il suo stile è particolare, tanto che venne definito il meno russo degli scrittori russi, ma forse si tratta di un giudizio fuorviante: senza dubbio il suo pensiero ed i suoi scritti furono suscettibili all’influenza straniera vista la sua formazione culturale aperta, con esperienze di studio all’estero, ma è un dato di fatto che l’amore verso la propria gente mai lo abbandonò, tanto è vero che parte dei suoi componimenti venne realizzata oltreconfine, ove tuttavia Turgenev rimase con la mente rivolta a quel che accadeva in patria. Il risultato furono inimicizie politiche, a prova che non si trattava di un pensatore insignificante in riferimento alla vita politica dell’epoca.

L’OPERA

Il libro di cui proponiamo la lettura venne pubblicato per la prima volta nel 1874 ma, in realtà, non era questa la forma originaria dell’opera: i racconti erano stati pubblicati, quasi vent’anni prima, da riviste influenti anche dal punto di vista politico, il cui ruolo fu anche di fronda rispetto al regime governativo dell’epoca. Turgenev può essere definito un realista e, con la scusa di proporre al pubblico dei semplici racconti a sfondo rurale, realizzò invece quello che un secolo dopo sarebbe stato proposto nella forma di un reportage composto da ritratti, aneddoti e vere e proprie fotografie. Il soggetto descritto era la società rurale dell’epoca osservata sempre con la scusa della visita occasionale da parte del cacciatore vagabondo. Fosse stato nostro coevo Turgenev avrebbe, forse, avuto discreto successo in ambito cinematografico o teatrale: le sue descrizioni sono semplici, snelle, ma al tempo stesso assai accurate e, in certi casi, attirano l’attenzione del lettore su elementi che, se non fossero trasmessi per mezzo di parole, lo potrebbero essere solo tramite fotografia o filmato. I risultati? Molteplici. Altri autori trassero dalla prosa di Turgenev ispirazione letteraria; molti europei ne rimasero affascinati e lo consacrarono come autore d’interesse internazionale; alcuni dei suoi compatrioti ne vennero suggestionati e, altri, si ritennero infastiditi, in quanto videro in questi scritti un intento di denuncia o, quantomeno, un potenziale innesco di disordini sociali.

LO SPUNTO

E se facessimo, oggi, come fece Turgenev all’epoca? E se approfittassimo di una circostanza particolare, la pratica dell’arte venatoria nelle sue varie forme, per fotografare la realtà rurale italiana? E se incaricassimo i veri cacciatori di trasmetterci delle testimonianze relative alla situazione delle nostre campagne, al loro stato di salute, a fin di bene? Cosa potrebbero dirci? Cosa scopriremmo? Secondo noi potremmo rimanere stupiti dai loro racconti poichè, in una stagione ove immagini e parole si sprecano, queste riguardano per lo più la superficialità dell’esistenza mentre realtà a noi prossime rimangono di fatto sconosciute esattamente come all’epoca. Insomma, secondo noi dovremmo incontrare i cacciatori: ne verrebbe fuori un buono scambio di idee.

Intanto leggete questo buon libro!

Copertina delle Memorie di un Cacciatore proposta dall’editore Garzanti

 

Leave a Comment