LA POLVE NERA

Per utilizzare in piena sicurezza le armi ad avancarica occorre conoscerne le caratteristiche e l’esatto funzionamento. Dedichiamo dunque qualche utile cenno descrittivo ai propellenti utilizzati da questi sistemi d’arma, piuttosto particolari.

di G.Tansella

Nelle armi da fuoco in generale si sfruttano gli effetti di una deflagrazione per lanciare proiettili e tale reazione chimico-fisica è ottenuta innescando la combustione di vari composti artificiali.

Nell’era delle munizioni metalliche caricate a polvere infume si potrebbe pensare che le armi ad avancarica utilizzino gli stessi identici composti dell’epoca degli archibugi ma, in realtà, i propellenti di oggi sono decisamente diversi da quelli antichi e, in prospettiva storica, è doveroso specificare che siano stati ideate e fabbricate miscele deflagranti concettualmente modernissime.

Un esempio di recente ritrovato artificale è quello del “Pyrodex”, composto chimico complesso a base di carbone, zolfo, nitrato di potassio, grafite ed altre sostanze.

Attualmente, soprattutto all’estero, sono molto diffusi dei composti simili, apprezzati per le caratteristiche di praticità di trasporto, stabilità chimica e velocità di caricamento dalla bocca. Proprio a causa della stabilità tali sostanze si rivelano inadatte all’utilizzo in armi a pietra e, anche nel caso si utilizzino armi a percussione, spesso si è obbligati ad usare potenti capsule detonanti tipo .209, che tuttavia tendono a generare notevoli quantità di residui incombusti.

Molto più diffusa, in Italia, la c.d. polvere nera.

Per motivi di sintesi è lecito affermare che la polvere nera, quale miscuglio di particelle solide eterogenee, sia ottenuta unendo nitrato di potassio, zolfo e carbone ma, a seconda degli utilizzi, variano le proporzioni dei componenti.

Di questi il nitrato di potassio, conosciuto anche con il nome di salnitro, rappresenta la sostanza comburente essendo ricca di molecole di ossigeno e la sua quantità è determinante per aumentare o diminuire lo sviluppo delle pressioni con conseguenze dirette in termini di “potenza” dell’esplosione.

I combustibili del miscuglio sono invece il carbonio e lo zolfo, componenti che hanno tuttavia funzioni diverse: il carbone si ossida producendo ossido di carbonio, anidride carbonica e rilasciando energia termica; lo zolfo, opportunamente mescolato, brucia ad una temperatura più bassa del carbone, migliorando l’infiammabilità della polvere e favorendo la decomposizione del nitrato di potassio.

Ai fini del tiro i composti sono studiati in modo da generare la massima quantità di gas producendo, al tempo stesso, la minima quantità di residui (ricordiamo che l’esplosione è un fenomeno di trasformazione chimica istantanea di sostanze ad alto livello energetico a sostanze a basso livello energetico). La produzione di energia termica, cioè di calore, è un effetto diretto della reazione.

La storiografia antica pare generi una certa confusione circa l’origine dell’utilizzo della polvere nera nelle armi da fuoco ma, dall’inizio del XIV° Sec., in varie aree del continente europeo c’erano studiosi decisamente attivi nel documentare metodi di fabbricazione ed uso della polvere nera.

Certi, invece, i metodi di fabbricazione, che rimasero immutati per secoli pur differenziandosi a seconda dell’obiettivo specifico prefissato, come la produzione di propellente da lancio o di esplosivo da scoppio.

La produzione del salnitro, quando non basata sull’estrazione da giacimenti naturali, avveniva in apposite “nitrerie artificiali”, dove si lavoravano detriti animali ricchi di azoto, idrogeno ed ossigeno immettendoli in terriccio poroso, umido e ricco di sali di potassio.

Dopo un certo periodo e dopo varie operazioni di filtraggio e cristallizzazione era possibile separare dalle scorie i cristalli salini di potassio.

Il carbone era invece ottenuto dalla combustione di essenze lignee di vario tipo, come il salice o l’ontano mentre lo zolfo era raffinato per sublimazione.

Non bisogna, ci teniamo a dirlo, farsi però ingannare dall’apparente semplicità di una così succinta descrizione poichè la fabbricazione di polvere nera è complessa, soprattutto in relazione all’utilizzo che se ne fa oggi quale propellente, sostanza esplodente per fuochi artificiali o per mina.

Spesso, consultando il web, ci si imbatte in affermazioni superficiali quando non palesemente erronee o peggio, incentrate sull’utilità, per i tiratori, di fabbricare la polvere nera con metodi casalinghi.

Le argomentazioni dei sostenitori del metodo casalingo vertono sulla presunta economicità della scelta e sull’esistenza, in commercio, di appositi strumenti di fabbricazione.

Senza pronunciarci in merito alla ragionevolezza e alla buonafede di queste persone ci limiteremo ad esprimerci come segue: se qualcuno, per motivi squisitamente culturali, ritiene di poter accrescere la propria conoscenza raccogliendo ogni testimonianza riguardo ad un certo argomento è senza dubbio libero di farlo; se però il fine di una tale ricerca ha risvolti pratici ed è funzionale all’allestimento di munizionamento per fini ludici, sportivi o venatori…è meglio che i suoi autori riconquistino un’adeguata capacità di giudizio. In Italia non è permesso confezionare delle sostanze esplodenti senza apposite licenze e, in via pratica, esistono in commercio propellenti di qualità ottima.

Poichè la composizione chimica della povere nera è una sola la velocità di combustione si ottiene variando i parametri dimensionali dei grani, tenendo presente che il fenomeno della combustione agisce dalla superficie verso l’interno delle particelle.

La classificazione commerciale delle polveri è fondata dunque sulle differenze di granulometria ma, poichè questi propellenti sono prodotti in diverse nazioni, cambiano le sigle di riferimento, che possono essere basate su numeri o formule alfabetiche. Ovviamente sono noti i criteri di conversione ed equivalenza e, al fine di rendere note queste informazioni, alleghiamo una tabella tratta da una pubblicazione ufficiale della ditta Davide Pedersoli.

La famosa polvere svizzera, per esempio, è prodotta in quattro differenti granulometrie, ognuna indicata con un simbolo numerico: la n° 1 è la più fine e si usa anche per riempire i bacinetti delle armi a pietra focaia mentre la n°4 è la più grossa.

La polvere tedesca Wano, importata sempre dall’azienda Pedersoli e conosciuta anche con il nome di PO-WEX, che dal punto di vista pratico richiede leggeri incrementi di carica rispetto alla polvere svizzera, è anch’essa prodotta in quattro granulometrie ma le sigle sono in caratteri latini, con la Fg che è la più grossa e la FFFFg che è la più fine.

Gli americani usano sigle ibride: le formule alfabetiche sono simili a quelle della Wano ma con le lettere minuscole (fg o ffffg) mentre i valori numerici vengono utilizzati inversamente rispetto alle svizzere: la 1f è la polvere più grossa mentre la 4f è la polvere più fine.

In generale si utilizzano le polveri più grosse per le armi di grosso calibro o i cannoncini in scala, le polveri, le “n°3 svizzere” per fucili cal.45 o più, le “N°2 svizzere” per i fucili di calibro inferiore al .45, i revolver e le pistole monocolpo e la polvere più fine per le armi di piccolo calibro e come polverino d’innesco nelle armi a pietra focaia.

La polvere nera necessita in generale di maggiore cautela nel maneggio rispetto alla polvere infume a causa della sensibilità alle fonti di ignizione e calore: fondamentale la conservazione e la manipolazione con materiali antistatici, dunque mediante appositi contenitori o, se lo si desidera, in appositi dosatori.

Anche in poligono, come abbiamo già scritto, non bisogna caricare dalle fiaschette, che vengono utilizzate invece per i borraggi, ma allestendo opportunamente i kit di provette ognuna contenente la giusta dose di polvere per un tiro.

Il polverino può essere invece contenuto in appositi recipienti, in piccola quantità.

Utilizzando le cautele necessarie si può dunque maneggiare la polvere nera in tutta serenità e, in aggiunta, specifichiamo che gli esemplari d’arma prodotti in Italia, a differenza delle repliche prodotte in certe nazioni estere, vengono sottoposti a prova forzata presso il Banco Nazionale di Prova di Gardone V.T., che appone i propri marchi sulle canne quando le armi superano il test e sono giudicate perfettamente sicure.

Sempre per motivi di sicurezza ribadiamo che non bisogna mai caricare le armi ad avancarica con dei miscugli di polvere o, peggio ancora, con la polvere infume poichè lo sviluppo delle pressioni di quest’ultimo non può essere contenuto dai sistemi d’arma ad avancarica, che non utilizzano il bossolo metallico – la cui utilità non si limita al mero contenimento della polvere in fase di trasporto ma è fondamentale al momento della deflagrazione quale corpo sigillante – e sono concepiti per l’uso esclusivo della polvere nera o dei Pyrodex.

Se le armi non sono accuratamente conservate o predisposte alla sessione a fuoco si possono verificare delle mancate accensioni. In tal caso, oltre a lasciare le armi indirizzate verso il bersaglio per almeno un minuto occorre inibire la polvere con appositi solventi, renderla inerte e procedere con lo svuotamento della canna tramite estrazione della palla, pezzuola se presente etc.

Il nitrato di potassio, che di fatto è un sale, ha altissime capacità di ossidazione del metallo ed è importantissimo, dopo ogni sessione a fuoco, sottoporre lo strumento di tiro ad accurata pulizia. Il lavaggio si effettua con acqua tiepida e, se si vuole, con appositi detergenti, in grado di rimuovere completamente i residui di sparo.

Ricordiamo inoltre che recentemente, in Italia, è stato modificato il regime normativo che regola la compravendita di polvere. Per tale motivo consigliamo di visitare il sito del Consorzio degli Armaioli Italiani dove è stato inserito un documento di guida specificatamente redatto dopo la promulgazione delle norme di riferimento.

Osservando dunque poche, fondamentali regole l’uso delle armi ad avancarica è sicuro, divertente e sorprendente per prestanza balistica quando si dispone di uno strumento di tiro ben costruito.

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